storia


Unione degli armeni d’Italia

Agopik Manoukian

[ Parte I ]

L’avvio

Benedizione posa della prima pietra della Chiesa Armena di Milano (1951)

Benedizione posa della prima pietra della Chiesa Armena di Milano (1951)

Il Comitato armeno d’Italia: all’origine dell’Unione degli Armeni d’Italia.

Il primo nucleo organizzativo di quella che anni dopo prenderà il nome di Unione degli Armeni d’Italia, si costituisce agli inizi del 1915: ex studenti del collegio Moorat-Raphaël di Venezia residenti a Milano e a Torino assieme ad alcuni commercianti armeni che praticano l’import-export di prodotti tessili nell’area milanese, danno vita in modo informale ad una prima cellula associativa che prende il nome di Comitato Armeno d’Italia. Le azioni del comitato sono inizialmente rivolte a tutelare il diritto degli Armeni a continuare a risiedere ed operare in Italia. Molti di loro sono sudditi ottomani e l’entrata in guerra dell’Italia anche contro l’Impero ottomano rischia di provocare espulsioni o impedimenti ad esercitare ogni attività a questi cittadini che hanno la nazionalità del nemico. La strategia difensiva del Comitato è quella di esplicitare l’origine sociale, culturale e religiosa del popolo armeno ma anche quella di mostrare la propria fedeltà allo Stato italiano attraverso una serie di gesti sia simbolici che concreti di solidarietà. Il Comitato non solo cerca di accreditarsi presso le pubbliche autorità attraverso ripetuti messaggi augurali e di partecipazione alle maggiori vicende pubbliche italiane ma promuove gesti e iniziative per lenire i dolori provocati dalla guerra: l’iniziativa più rilevante è quella del finanziamento di un intero reparto per la cura dei feriti all’ospedale Principessa Iolanda di Milano.

Accanto a Garbis Dilsizian che per diversi anni è presidente, un ruolo rilevante lo svolge il segretario del Comitato: Nishan der Stepanian promotore e redattore del periodico Armenia pubblicato interamente in italiano a Torino dall’ottobre 1915 all’ottobre 1918. Questa rivista, che inizialmente esce a cadenza mensile e in seguito trimestrale, costituisce il principale veicolo di informazione sull’attualità delle drammatiche vicende che riguardano il popolo armeno. Ospita inoltre con regolarità saggi e documentazione sulla storia del popolo armeno e sui maggiori esponenti dell’arte e della cultura armena. Tutti testi tesi a sensibilizzare l’opinione pubblica italiana sulla complessità e la profondità del retroterra storico ed culturale che è proprio di ogni armeno.

Il riconoscimento istituzionale del Comitato

Con l’avvento del fascismo e le leggi che regolano e limitano il diritto dei cittadini ad associarsi il comitato riesce ad accreditarsi presso le pubbliche autorità e ottiene il riconoscimento a divenire l’interlocutore formale a cui lo stato può far riferimento per qualsiasi evenienza riferita agli armeni. In particolare il Comitato nel 1927 riceve autorizzazione a emettere certificati che attestino le generalità anagrafiche delle persone armene presenti in Italia: data e luogo di nascita, paternità e maternità, fede religiosa, stato civile. Questa prerogativa riconosciuta al Comitato sarà molto utile e apprezzata dai numerosissimi armeni che si trovano in Italia privi di qualsiasi documento di identità. Tra il 1927 e il 1948 i certificati emessi dal Comitato supereranno il migliaio.

Nei decenni tra le due guerre mondiali, accanto a una maggiore visibilità pubblica, il comitato sviluppa iniziative di consolidamento del proprio funzionamento interno. Iniziano ad essere convocate delle regolari assemblee e si costituiscono i primi consigli: dalla cooptazione con cui venivano normalmente formati i primi organismi direttivi si arriva a metter in atto delle procedure elettive e con esse le prime contestazioni di legittimità e di legalità. Un ruolo importante nel consolidare l’operato ed il funzionamento del Comitato lo svolge la presenza a Milano per qualche anno (1925-1932) dello studentato mechitarista: in un ampio edificio nella prima periferia Milano oltre alla scuola per gli orfani e la residenza per diversi studenti universitari armeni, vi sono spazi per ospitare le riunioni del comitato e per dar vita ad una serie di attività sociali e culturali che consolidano legami e indirettamente servono a selezionare coloro che per gli anni a venire costituiranno i leader della comunità armena lombarda e milanese in particolare. Un ruolo aggregatore importante in questa direzione viene svolto dallo stesso direttore dello studentato che per diversi anni svolgerà anche il ruolo di presidente del Comitato: il mechitarista Vartan Hatzuni.

Quando nel 1932 lo studentato per ragioni economiche deve chiudere e l’edificio di Viale Umbria 32 viene venduto, sarà ormai pronto ad assumere la successione nella direzione del comitato il giovane dottor Yervant Arzumanian che per numerosi anni manterrà questa posizione.

La collaborazione con il regime

In questo periodo al Comitato non mancano occasioni per ripetere i gesti di solidarietà degli anni della Grande guerra. Dall’aiuto ai terremotati di Scirag, o ai profughi del Sangiaccato di Alessandretta sino all’aiuto che il Comitato garantisce alla Croce Rossa di Milano attraverso l’impegno che molti armeni si assumono di garantire dei versamenti annuali. Segno questo che il Comitato continua a promuovere gesti che testimonino solidarietà e riconoscenza verso la società ospite e le sue istituzioni. Questa vicinanza alle istituzioni a volte si spinge sino a divenire vera e propria adesione alle scelte anche discutibili del regime. È il caso della promozione, tra gli armeni, della raccolta d’oro per sostenere la guerra in Abissinia, o del concerto organizzato in favore di una sezione milanese del Partito Fascista, ma pure della ben più impegnativa adesione dell’organo rappresentativo degli armeni ai Comitati d’Azione per l’Universalità di Roma (C.A.U.R.): un’associazione del Partito Nazionale Fascista che, dietro la facciata dell’azione culturale, si propone di dar vita a una sorta di internazionale fascista.

Nel 1938, sulla scia del progressivo avvicinamento del Comitato alle iniziative del Partito Fascista, matura da entrambe le parti l’idea di promuovere un’iniziativa editoriale congiunta italo-armena che renda più visibile la realtà armena nel contesto italiano. Promotore di questa iniziativa è un funzionario del partito fascista, Lauro Mainardi che aveva avuto il mandato di cercare e creare alleanze con le minoranze nazionali in cui ancora vive potevano essere le aspirazioni a riappropriarsi dei territori caucasici passati sotto il regime sovietico. Mainardi entra in contatto con il Comitato e propone di dar vita ad una attività per la diffusione della conoscenza dei problemi dell’Armenia e del Caucaso con l’auspicio che questo “serva a far scomparire alcuni malintesi sul popolo Armeno, diffusi da malintenzionati, in modo che gli armeni, meglio conosciuti e più apprezzati da questo lavoro di propaganda, possano essere accettati e ricevuti con sempre maggiore simpatia dalla opinione pubblica Italiana”. Il Comitato accetta questa proposta e si impegna a finanziare un’attività editoriale che tra il 1938 e il 1940 porta alla pubblicazione di una ventina di saggi diversi per importanza e qualità. La sigla della casa editrice è HIM un acronimo che ha la peculiarità di avere una duplice decodifica: una armena che si rifà alla denominazione del Comitato espresso in lingua armena e una seconda italiana che allude alla storia degli imperi mediterranei. Il primo libro che viene pubblicato ha il titolo Armeni ariani: è la traduzione di un testo tedesco che vuole dimostrare, con alcune forzature, l’arianità degli armeni. Ha una tiratura piuttosto elevata perché viene distribuito gratuitamente a tutte le autorità del regime per sottolineare l’appartenenza degli armeni ad un’area amica. Cosa che risulterà vera solo in parte perché nel 1940 con la dichiarazione di guerra che l’Italia fa alla Francia molti armeni residenti in Italia muniti di passaporto del protettorato francese per la Siria vengono immediatamente classificati come nemici e quindi sottoposti a restrizioni nel commercio e perfino imprigionati. Come era già avvenuto in occasione della Grande Guerra è il Comitato che deve mobilitarsi per esercitare le necessarie pressioni per revocare i provvedimenti e dopo un lungo iter far siglare a Mussolini un decreto che libera gli armeni da ogni restrizione di libertà. Per favorire questo iter sono molto preziose le amicizie e le conoscenze che nei precedenti anni il Comitato aveva saputo allacciare con diverse autorità.